Precursori di esplosivi: norme e responsabilità aziendali

Quando si parla di esplosivi, l’immaginario collettivo pensa subito al prodotto finito.
In realtà, la vera criticità non nasce dall’esplosivo stesso, ma dalle sostanze e miscele che possono essere utilizzate per fabbricarlo.

Sono composti che appartengono alla normale attività industriale: acidi, perossidi, nitrati, solventi. Prodotti che troviamo nei reparti di trattamento superfici, nei laboratori, negli impianti di manutenzione, nelle aziende agricole e persino nella grande distribuzione.

Ed è proprio la loro accessibilità ad aver richiesto, negli ultimi anni, un quadro normativo molto più stringente.
Il Regolamento (UE) 2019/1148 nasce con questo obiettivo: impedire che sostanze legittime possano essere trasformate in esplosivi per finalità illecite.

Perché esiste un regolamento sui precursori di esplosivi?

L’Unione Europea ha individuato da tempo che diversi attentati e attività criminali sono stati compiuti utilizzando prodotti acquistati legalmente nei comuni canali commerciali. Acido nitrico, acido solforico, perossido di idrogeno, nitrati: sostanze che tutti noi usiamo ogni giorno e che, se acquistate in quantità o concentrazioni anomale, possono essere convertite in esplosivi artigianali.

Il nuovo Regolamento 2019/1148, in vigore dal 1° febbraio 2021, sostituisce completamente il precedente quadro normativo e introduce un sistema di controllo preventivo, basato su:

  • limitazioni alla vendita ai privati
  • obblighi di verifica per gli operatori economici
  • tracciabilità delle transazioni
  • segnalazione rapida di attività sospette
  • formazione del personale

Due categorie, una responsabilità comune

Il Regolamento distingue tra:

  • precursori di esplosivi soggetti a restrizioni
  • precursori di esplosivi soggetti a segnalazione

La prima categoria riguarda le sostanze più sensibili, per le quali sono stabilite concentrazioni limite che determinano se un prodotto può essere venduto liberamente, solo a professionisti o non possa essere messo in commercio ai privati.

La seconda categoria riguarda sostanze comunissime (es. acetone, nitrati, polveri metalliche), che non sono vietate ma richiedono particolare attenzione in fase di vendita e stoccaggio, e soprattutto obbligo di segnalare anomalie entro 24 ore.

Il sistema funziona solo se ogni anello della filiera – produttore, distributore, venditore, utilizzatore professionale – opera in modo consapevole.

Professionisti e operatori economici: ruoli che non si possono improvvisare

Il regolamento introduce definizioni precise:

  • Utilizzatore professionale: chi impiega il precursore nelle proprie attività lavorative.
  • Operatore economico: chi immette il prodotto sul mercato, offline o online.

Per entrambi valgono obblighi specifici, ma per gli operatori economici il ruolo è ancora più delicato: non possono limitarsi a vendere un prodotto, devono valutare il cliente, l’uso previsto e la compatibilità con l’attività dichiarata.

Questo significa che personale commerciale, buyer, addetti al magazzino e customer care devono essere formati per:

  • riconoscere i prodotti che ricadono sotto il Regolamento
  • identificare i clienti professionali
  • richiedere e conservare la documentazione corretta
  • rifiutare transazioni sospette
  • segnalare rapidamente furti, sparizioni o anomalie

E’ un cambiamento culturale prima ancora che normativo.

Quando un prodotto non può più essere venduto ai privati

Alcuni esempi, tra i più noti:

  • l’acido nitrico oltre il 3%
  • il perossido di idrogeno oltre il 12%
  • l’acido solforico oltre il 15%

Prodotti comunissimi in forma “consumer”, ma che cambiano completamente status quando superano il valore limite.

In Italia, inoltre, il Ministero dell’Interno ha scelto una linea molto chiara: nessuna licenza ai privati.
Questo significa che, a differenza di altri Paesi UE, qualsiasi prodotto oltre i limiti dell’Allegato I non può mai essere venduto a un consumatore.

Transazioni sospette: come riconoscerle e perché segnalare in 24 ore

Il Regolamento elenca diversi comportamenti che devono far scattare l’allerta:

  • cliente che non sa giustificare l’uso del prodotto
  • quantità o combinazioni anomale rispetto al mercato
  • rifiuto di presentare documenti
  • pagamenti inconsueti, soprattutto in contanti
  • richieste da soggetti estranei al settore

In questi casi l’operatore può (e deve) rifiutare la vendita e segnalarla al punto di contatto nazionale presso il Ministero dell’Interno.

Lo stesso vale per sparizioni e furti, che devono essere notificati entro 24 ore.
La mancata segnalazione è un reato.

Non è un adempimento: è un sistema di sicurezza che coinvolge tutta l’azienda

Il regolamento non si limita alla vendita.
Richiede che l’intera filiera aziendale sia impostata in modo da prevenire accessi non controllati:

  • procedure di stoccaggio sicuro
  • controlli sugli approvvigionamenti
  • formazione periodica del personale
  • valutazione dei fornitori
  • monitoraggio delle incongruenze interne

Ne deriva un approccio integrato safety + security, che va ben oltre la sicurezza chimica tradizionale.

Sanzioni: cosa rischia l’azienda

Il panorama sanzionatorio è severo, con:

  • arresto fino a 18 mesi e ammenda per vendita non autorizzata di precursori soggetti a restrizioni
  • arresto fino a 12 mesi e ammenda per mancata segnalazione di furti e sparizioni
  • responsabilità diretta dell’operatore economico in caso di controlli dell’autorità

Ogni procedura interna incompleta, ogni informazione non raccolta o non conservata correttamente è un rischio.

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